Arte Scienza autonoma - Sabino Jacobone

Arte: Scienza autonoma – Sabino Jacobone

Una critica di Sabino Jacobone

Vi è nella pittura moderna e contemporanea l’indubbio fascino della espressione spontanea, meglio istintiva, la rilevante potenza dell’estro creativo, talvolta addirittura sublimato dall’astrazione, il suggestivo sopravvento dell’immaginazione sulla realtà.

Sto, naturalmente, parlando di pittori autentici e non di quelli, purtroppo numerosissimi, per i quali l’espres­sione spontanea si riduce a squallida farneticazione, la potenza creativa appare soltanto prepotenza aggressiva e l’immaginazione artistica traligna in tronfia presunzione.

E’ fuori di dubbio, però, che dall’ottocento – e sempre più fino ai giorni nostri – la pittura, per qualificata e valida che sia, si è andata discostando dalla scienza, laddove nel rinascimento l’arte si identificava con la scien­za stessa, cioè come scienza-autonoma, soggetta a canoni e leggi generali imprescindibili, governata da nume­ri e da ritmi geometrici ed architettonici rigorosi.

Astrazion fatta dai sommi, come Piero della Francesca, Leonardo, Durer, che profusero nelle loro opere tutta la perfezione della spazialità prospettica quattrocentesca, non vi fu pittore dell’epoca, che non avvertisse la importanza – e, quindi, il rispetto – dei canoni e delle leggi, che governavano l’arte come scienza.

E non può certo dirsi – per quanto ci è stato dato di vedere – che in quegli artisti, anche nei minori, la ferrea applicazione della teoria scientifica ponesse dei limiti alla libertà della fantasia e dell’immaginazione!

Intendo dire che i pittori di allora, quale che fosse il personale livello artistico, “sapevano dipingere” tutti, men­tre la cosiddetta rivoluzione artistica, iniziata per antonomasia con gli impressionisti, ha nel suo rapido evolver­si consentita la proliferazione sempre più frequente di coloro che occultano, meglio tentano di occultare, dietro l’inconsistente schermo del “nuovo”, la loro limitatezza.

Data, per certa tale premessa, appare strano, se non addirittura incredibile, che esistano oggi pittori come Giorgio Esposito. Egli, giovane, si è accostato alla stupenda soglia dell’arte proprio nel tempo, in cui maggiore era il fervore degli “ismi” e dei “neo” con le loro suggestive implicazioni; eppure già pratico di quei rudimen­ti, che accademie e licei artistici riescono più o meno ad ammannire, non solo non si è lasciato irretire, come i più, da tali allettanti suggestioni, ma, proprio attraverso il raffronto, ha compreso che la più moderna cioè la più “attuale” delle arti decorative è sempre stata – e rimane – quella antica, vale a dire l’arte-scienza, di cui ho fatto dianzi cenno. Ed, allora, mentre la maggior parte dei suoi coetanei consorti, coadiuvati da una critica partigiana, raggiungeva sollecitamente e agevolmente, la meta della “imitazione” sfacciata di pseudo maestri contem­poranei col puro e semplice “asservimento” a questa o a quella corrente, Esposito prima di affrontare il suo discorso pittorico, ha trascorso oltre dieci anni soltanto a “studiare” i grandi, veri maestri del passato, in parti­colare il gotico rinascimentale Albrecht Durer, con il suo ideale supremo: il corpo umano, cioè l’uomo, inteso come la più armoniosa, equilibrata e completa realtà vivente, fatta ad immagine di Dio.

Centinaia di studi anatomici, corpi umani e di animali, statici o in movimento, costruiti e selezionati con impressionante meticolosità, in assoluta obbedienza a canoni dei trattati del Durer, hanno creato il granitico sup­porto alla pittura vera e propria di Esposito. Naturalmente, per attingere determinati risultati visivi, Esposito ha subito intuito che doveva non soltanto “concepire” ma anche “fare” come gli antichi, cioè penetrare, fin dove possibile, nel segreto ed affascinante mondo delle tecniche del tempo, in cui la pittura era arte-scienza.

E, così, mentre gli altri escogitavano nuovi mezzi tecnici e sistemi, volti alla sempre maggiore rapidità dei loro “prodotti”, Esposito cercava di scoprire negli antichi dipinti museali i segreti delle imprimiture, dei diluen­ti, delle vernici, degli impasti e delle velature, sì da poter dare alle sue opere la sostanza materica intrinseca, oltre che l’aspetto esteriore, dei dipinti dei pittori-scienziati come il suo idolatrato Durer!

È ovvio che, con tali premesse, la produzione pittorica di Esposito non può non essere esigua, ma egli è fer­mamente deciso a non trasandare il suo nobile ed unico intento, declassandosi al livello dianzi commentato.

Gli intenditori di arte sono pochissimi, ma sono, come me, molti gli osservatori sensibili, capaci di discrimi­nare tra arte durevole, e quindi vera, ed arte effimera, quindi non vera. Io sono certo che saranno questi ultimi a conoscere, prima o poi, il giusto valore artistico di Giorgio Esposito.

SABINO JACOBONEti come il suo idolatrato Durer!

È ovvio che, con tali premesse, la produzione pittorica di Esposito non può non essere esigua, ma egli è fer­mamente deciso a non trasandare il suo nobile ed unico intento, declassandosi al livello dianzi commentato.

Gli intenditori di arte sono pochissimi, ma sono, come me, molti gli osservatori sensibili, capaci di discrimi­nare tra arte durevole, e quindi vera, ed arte effimera, quindi non vera. Io sono certo che saranno questi ultimi a conoscere, prima o poi, il giusto valore artistico di Giorgio Esposito.

SABINO JACOBONE

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