Una critica di Pietro De Giosa
Pietro De Giosa (Bari, 1920 – 2003) è stato un critico d’arte e redattore per La Gazzetta del Mezzogiorno, noto per il suo contributo alla valorizzazione degli artisti pugliesi. Attraverso i suoi scritti, ha sostenuto l’arte contemporanea e promosso una maggiore consapevolezza culturale nel Sud Italia.
Tralasciando quelle che sono le sue «opere di contorno», nella esposizione in corso, opere tutte validissime per la identificazione dell’artista, qui ci preme sottolineare una gigantesca opera, che ricopre un’intera parete e che merita tanta attenzione. Giorgio Esposito ha voluto raffigurare una tavolata con una dozzina è più di convitati, figure vere, figure di ottantenni e giù di lì, ricavate dalla visita fatta a quella casa di riposo che si trova sulla via Napoli. La composizione, pertanto, è ricca di spunti interessantissimi che sono pittorici per un verso ma sono anche umanissimi per l’altro. E la “ripresa” di tante figure ormai sugli scogli dell’abbandono e dell’esistenza costituisce quasi, a nostro avviso, un “atto di coraggio”. Anche perché Giorgio Esposito queste sue figure le fa “parlare” attraverso dei volti rugosi, delle bocche senza denti, degli occhi allucinanti che dicono «tu, che vuoi, noi non siamo più noi: noi siamo finiti». E’ questa la interpretazione che si può facilmente dare a tutta la scena, rifinita in ogni punto, in ogni particolare, per cui l’opera si sgancia da quelle comuni e tocca vertici di una toccante simbiosi di pittoricità e di spiritualità. Può essere compresa, può rimanere incompresa, ma è certo che Giorgio Esposito in ogni suo lavoro come in ogni momento della sua operatività costituisce un soggetto trainante di quella pittura settecentesca alla quale è così legato. Perché l’ama e perché la sente come manifestazione di fondo del suo carattere, e della sua personalità, secondo vecchi canoni che rinunciano alla popolarità “diplomatica” ed occasionale, preferendo quello che si guadagna e conquista nel tempo. Anche se è più cara.
PIETRO DE GIOSA